La vita ha deciso altrimenti

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Vhulen
     
    .

    User deleted


    Ahem. Non so se avete mai giocato a Kingdom Hearts. Beh, ho fatto qualcosa molto tempo fa che riprendesse un particolare attimo del gioco, e lo ho evoluto su personaggi e situazioni di mia fantasia, spero vi piaccia, sempre se abbiate il coraggio di leggerlo. ^^'


    "Pensa alle stelle"
    Dimmelo ancora.
    "Pensa alle stelle."
    Te l’avrei voluto dire, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Quanto sono stupido.
    "Non ti preoccupare, lo so."
    Ho avuto paura.
    "Non avere paura"
    Dimmelo ancora.
    "Non avere paura"

    Morto, completamente lasso e rigido, quel corpo affondava nell’abisso. L’oscurità, così calma, così placida, così infinitamente pacifica cullava il bambino, il ragazzo e l’adulto decaduto. Poi, ad un tratto, il sentimento si fece forza, la forza si fece pensiero, il pensiero si fece carne: e la carne sanguinò di buio, ed il buio balenò di luce, e la luce ed il buio crearono l’illusione e con essa il sogno. Fu poi un tuffo nel cuore; e niente si definì.

    Il ragazzo dai capelli ramati cadde di schiena bruscamente sul nulla, l’essere percepì il soffice dolore della carezza che gli era stata appena concessa, si rese conto di poter soffrire, si accorse quindi di potere. Dunque aprì gli occhi, e alla vista di niente temette immediatamente di non essere come il resto che osservava. Sperò quindi di essere ciò che era, e impulsivamente lo credette. E in quel momento seppe di poter credere.
    Infine, spinto dal timore, si mosse, decise di muoversi e si alzò. Scoprì di volere, e di poter volere.
    Credette, volle e poté muovere un passo, gli venne naturale dopotutto: usare il proprio corpo per testimoniare la curiosità verso di esso, sfruttarlo per giustificare la sua stessa essenza. Come un bambino che, non potendo chiedere le regole di un gioco, lo gioca e giocandolo le apprende autonomamente.
    Tutto si illuminò, ed egli vide chiaramente di poggiare i propri piedi su un mosaico di rubini e quarzi. Questi si intersecavano sulla base circolare d’una piattaforma senza fine, che nasceva e ricadeva nelle profondità dell’animo.
    Una luce gli illuminò il volto roseo, e un pulviscolo di emozioni si mostrò ai suoi occhi: allora ricordò la realtà, ma non nei lineamenti e nelle immagini, non nelle memorie definite, bensì intuendola. Percepì il suo passato nell’aria stessa che spumeggiava sulla sua pelle. Ma non era aria, nonostante egli la respirasse come tale, quando invece nemmeno respirava. Era la quiete.
    Poi, d’un tratto una voce profonda e greve risuonò nella quiete:
    "Ricordi il tuo nome?"
    L’uomo, rimembrante di essere stato tale, istintivamente pose il suo sguardo sul suo corpo, come se cercasse un modo per chiamarlo e definirlo. Lo vide come se lo ricordava, e ricordò di averlo visto: indossava dei lunghi pantaloni in pelle celeste, che ricordava veniva detta “sintetica”, a coprirgli il busto v’era un complesso intreccio di colori, e seppe senza esito chiamarli “maglia”; puntò lo sguardo sul braccialetto composto attorno al suo polso. Era d’argento, intagliato circolarmente con un piccolo simbolo allungato e spigoloso; entrò quiete nelle orecchie, e la svelò come “freccia”. Sia dal corpo che dalla punta del dardo partivano due raggi metallici, che corteggiandosi e ruotando tra di loro terminavano unendosi i primi con i secondi. Vide allora la cosa più bassa che sapesse appartenergli, e chinandosi fissò a lungo i piedi, e seppe con fermezza giudicare che ciò che vedeva non erano questi, ma degli involucri nei quali i piedi trovavano posto.
    Le mie scarpe…
    Il primo irreale pensiero.

    "Mare"

    Vibrò nuovamente il distillato suono:
    "Mare, riesci a camminare?"

    Mare annuì alla luce, e avanzò di tre passi.

    "Non ti preoccupare, c’è tempo, tanto tempo.
    Ma ora guardati intorno e rispondimi: dove sei?"

    "Non…non lo so."

    Per l’ennesima volta udì il rimbombare cupo delle parole evocate:

    "C'è ancora molto tempo prima di aprire la porta, non avere fretta. Ora scegli la via, e ricorda."

    Alcune scintillanti zone pavimentate si squarciarono, e da esse crebbero trionfanti tre altari marmorei: su ognuno di essi compariva un oggetto, ed erano tutti distinti tra loro.
    Mare ebbe a mente il loro nome. Armi, così diligeva chiamarli.
    Le guardò da lontano, le scrutò con calma. Poi camminò con tutta la serenità possibile verso una di esse, si avvicinò all’altare, la prese e la descrisse negli occhi: uno scudo dal colore sgargiante, infiorato di rossa passione, sul quale vincevano, estranei, tre cerchi dalle circonferenze tangenti e dal carboncino colore : il più grande infatti era sfiorato dai due più piccoli, i quali singolarmente lambivano il maggiore.
    "Ora decidi a cosa rinunciare, e ricorda."
    Ritornò a contemplare le restanti strade. Ma fin da subito seppe che nessuna di esse gli apparteneva. Era come se, guardandole, provasse completa indifferenza, e provava talmente forte insipidità nel continuare a studiarle, che chiuse gli occhi per il disgusto.
    Non si mosse, ma anzi volse il capo all’alto e disse:
    "Rinuncio ad entrambe."
    Silenzio.
    "E’ questa la via che scegli?"
    Senza alcun ripensamento lo scudiero rispose affermativamente.

    Allora sentì come un terremoto, vide gli altari spezzarsi in due, e la terra crollare.
    L’oscurità prese possesso della quiete, e dai suoi piedi fino al suo volto egli piombava in essa.Volle piangere per lo spavento, ma non riuscì a ricordare come si facesse. Un ultimo sguardo a quel luogo, che nella disperazione gli era sembrato così perfido, e tanto dolce.
    Poi la notte.


    "Vorrei rimanere qui per sempre. E’ così bello. "
    Aggiunse.
    "Così. Nient’altro che così."
    Il mare dormiva al suono della sera, e le onde fiacche sbattevano sugli scogli appisolati. Qualcuno troppo vecchio e troppo fragile per il dolore piangeva granelli rocciosi; e forse erano state le lacrime di tutti i più deboli nel corso del tempo ad aver creato la bianca spiaggia ove Mare era disteso. Il rumore continuo e placido del lontano contrasto, il rimbombo beato e bonario del ritrovato sonno, il mare che ancora e ancora litigava con la terra, si spandeva nell’infinità delle stelle e nel calore del cielo.
    Mare aprì gli occhi. Era solo e sperduto nella bellezza. Ma non ebbe paura, ed anzi accucciandosi prese a perlustrare visivamente i dintorni . Non mise a fuoco l’immagine che effettivamente gli era manifesta, gli occhi semichiusi desiderosi d’altro ed ulteriore dormire non gli permisero effettivamente di vedere. E difatti non vide, ma scuotendo il capo in lungo e in largo ebbe la certezza di essere in un luogo, e tanto gli bastò per ritornare in pace al suo riposo. Si sdraiò sulla sabbia morbida e si dedicò al suo non pensare. Udiva il frastuono pacato delle onde sulla possente scogliera, e ne prendeva ispirazione per vivere la totale pace, la dimenticata quiete.

    "Un giorno verrai qui, se vorrai. Un giorno verrai, e forse potremo… ritornare..."
    "…Sui nostri passi!"
    "Percorrere insieme la strada."
    Mare sorrise, ed il cielo si sciolse come la cera che muta all’allegria della fiamma, ed il fuoco era la felicità e la speranza nel cuore. Il mondo mutò, il cielo divenne mare, il mare divenne cielo, e sullo specchio multiforme del firmamento le stelle si composero, unendosi l’una con l’altra in un solo punto, a formare un dipinto luminoso ed accecante.
    Dunque Mare si alzò a fatica, provato dalla pesantezza della sabbia che intanto s’era fatta di piombo, e contento e gioioso come non mai, privo ora anche della vista, si lanciò laddove sentiva le risa di una bambina, lo sguardo di una ragazza, la grazia di una donna.

    Mare riconobbe il non-luogo nel quale era capitato, e annusò le medesime emozioni che già precedentemente aveva odorato. Stavolta il pavimento era un capolavoro di zaffiri e smeraldi ondeggianti, che si legavano al buio circostante trafiggendo con il loro splendore la quiete più infima.
    Ancora una volta l’anima spiegò:
    "Dovrai combattere contro coloro che mirano alla tua forza."

    Nacquero dalle tenebre. Crebbero nelle tenebre. Grandi occhi bluastri, di una lucentezza soffocante, erano incastonati su quella che si, ora poteva dirsi aria, solida, fluida, sanguigna. Era un sangue scuro, spento, morto per la vita e vivo per la morte: un nobile liquido di trapasso, tra il corpo e i segni del suo moto, e l’anima e la bellezza della quiete; sangue che si intersecava nei tanti ed orripilanti decomposti materiali come una giostra furibonda, simile ad un gioco spinto inconsciamente ai limiti del male: così erano formati quegli esseri dai contorni accesi, che ora bramavano la sua forza.
    Non ebbe paura, non trovò il coraggio, Mare non visse la sua condizione, ma la osservò, riemergendo fuori da se ed aggregandosi alla quiete: impastò il proprio respiro nei capelli serpeggianti delle creature, e udendo il loro cuore palpitare, come fomentato da un sibilante istinto disumano, seppe che doveva proteggersi, seppe che doveva combattere.
    Il ragazzo sussurrò lacrimando, mentre assorbiva nella rossastra tinta del suo scudo il sangue liberato di quei demoni deformi. Li spezzò, uno ad uno, con una serie di colpi mirati e perfetti: preciso sfondò con un solo assalto le difese di uno di essi, potente agitò lo scudo con un movimento rotatorio, il quale mozzò la testa ad altri due, e rapido si porse alle spalle dell’ultimo, intanto stordito, che sfumò nella quiete solo per mezzo di un tocco, un leggiadro tocco finale.

    Devo perciò arrendermi?
    Gridò:
    "Devo arrendermi!?"

    Un fascio di luce inondò il suo viso arrossato, e successivamente si spostò con delicatezza incontro al tempo più vuoto: per mezzo di essa furono svelati nuovi corpi, delle scale, che portavano ad un’altra, ultima piattaforma.
    Lentamente Mare percorse i gradoni, senza domande ne ingenui pensieri, rispettò il silenzio, e in quel frangente il silenzio fece lo stesso, tanto che nemmeno i suoi passi facevano rumore.
    Arrivò in fine sul grattacielo dorato, li, a giorni e giorni dalle fondamenta del proprio cuore, l’eco risuonò nuovamente.
    "Qui si ferma la strada, tocca a te costruire la via."

    Mare sorrise, la sua ombra, proiettata dalla ben rotonda luce sulla doratura splendente sotto i suoi piedi, si tinse di rosso, ed in pochi attimi di chaos quieto si erse sulla sua immagine vera: agli occhi elettrici dell’ombra così minacciosa, così succulenta.
    Mare indietreggiò, il titano scarlatto allungò le braccia con stizza e mosse la testa con cupidigia, si specchiò negli occhi di Mare e calandosi in essi si contemplò. Era veramente enorme, possedeva gambe e braccia lunghe e possenti, un busto massiccio, mostruoso, e nel suo viso leggeva con soddisfazione la propria follia: esplose di rabbia e di ira nel vedere i propri contorni, definiti e lineari come non erano mai stati. Uccidere.
    Sferzò un pugno di minaccia a pochi metri dal suo avversario, la base doro tremò, e l’intero piano parve inclinarsi. Mare, piuttosto intimidito dalle stazze del definito indietreggiò ulteriormente, senza rendersi conto di essere a pochi passi dal nulla più completo. Il demone mosse un piede presentandolo con eccessiva tronfiezza, l’impatto di tale ascia schiantata al suolo produsse un rumore assordante, tanto da far saltare Mare all’indietro, e farlo capitolare su di sé goffamente. Mare toccò con la mano l’angolatura del grande cerchio sul quale risiedeva, l’invenzione lo spaventò non poco, perché si rese conto di essere un vicolo cieco.

    La fine davanti, la fine dietro. Forse, si disse, superare un ostacolo non era poi un idea così cattiva, puntare avanti e costruirsi la via, nel silenzio del proprio animo, non era un’ipotesi da scartare.
    Forse poteva vincersi.

    Pensa alle stelle
    "Dimmelo ancora"
    Pensa alle stelle

    Sbuffò, guardò torvo gli occhi della sua ombra, li fissò con tutto il coraggio che nascondeva nell’anima, e disse:
    "La vita ha deciso altrimenti."

    Tra le sue mani la chiave del suo cuore, e un attimo dopo entrambi precipitarono nella quiete.


    Fine.

    Edited by Vhulen - 22/7/2008, 10:32
     
    Top
    .
  2. kagome123
     
    .

    User deleted


    molto bella complimenti :blink: e anche molto profonda :sisi:
     
    Top
    .
  3. soleluna113
     
    .

    User deleted


    non conosco Kingdom Hearts ma mi piace molto come scrivi :clap:
     
    Top
    .
  4. Vhulen
     
    .

    User deleted


    Vi ringrazio moltissimo ^^, ma ho notato di aver postato la versione non corretta, ovvero la brutta, difatti ci sono un infinità di errori lessicali e sintattici, entro domani vedo di corregere, chiedo scusa ç_ç
     
    Top
    .
  5. soleluna113
     
    .

    User deleted


    nessun problema, errori di battitura capitano sempre
     
    Top
    .
  6. Vhulen
     
    .

    User deleted


    Corretto, spero di aver sistemato tutto xD
     
    Top
    .
  7. vdegasperis
     
    .

    User deleted


    complimenti.... io ho giocato a kingdom hearts 2.... ma quello che scrivi è dotato di una forte sensibilità .... è semplicemente spettacolare!!!!!

    :clap: :love1: :o_o: :hero: :love2: :ok: :felice: image
     
    Top
    .
  8. Vhulen
     
    .

    User deleted


    Ti ringrazio infinitamente Vdega ç_ç
     
    Top
    .
7 replies since 20/7/2008, 22:06   108 views
  Share  
.